Partita IVA 2025: Regime Forfettario, Codici ATECO e Costi – Guida Completa

Aprire una partita IVA nel 2025 è più semplice ma anche più strategico che mai. Tra nuovi limiti di reddito, imposta sostitutiva e codici ATECO aggiornati, conoscere le regole del regime forfettario 2025 permette di evitare errori e stimare i reali costi fiscali. In questa guida completa vediamo come funziona il regime agevolato, quanto si paga davvero (con simulazioni pratiche delle tasse), quali attività possono accedervi e come orientarsi tra le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025[1].

Requisiti e funzionamento del regime forfettario 2025

Il regime forfettario è un regime fiscale agevolato, introdotto dalla L.190/2014, riservato a imprese individuali e professionisti con ricavi entro una certa soglia annua. Per il 2025 il limite di fatturato è confermato a 85.000 € lordi[2], soglia oltre la quale si perde il regime flat tax. I forfettari pagano un’imposta sostitutiva fissa del 15% sul reddito imponibile (vedi oltre come calcolarlo), al posto di IRPEF e addizionali. Inoltre, le nuove attività godono di un’aliquota ridotta al 5% per i primi 5 anni, purché rispettino i requisiti (nessuna attività simile nei 3 anni precedenti, ecc.). Importante: in regime forfettario non si addebita l’IVA in fattura (né si detrae l’IVA sugli acquisti) e non si paga l’IRAP. Il regime comporta una contabilità semplificata (niente registri IVA, liquidazioni trimestrali o studi di settore), ma anche l’impossibilità di dedurre analiticamente i costi sostenuti (lo Stato riconosce forfettariamente solo una percentuale di costi in base al tipo di attività, come vedremo)[3]. Fanno eccezione i contributi previdenziali obbligatori: questi sono deducibili dal reddito prima di applicare l’imposta flat, riducendo l’imponibile tassato[4].

  • Limite di ricavi: 85.000 € annui di fatturato massimo per poter applicare/continuare il forfettario[5]. Se si svolgono più attività con codici Ateco diversi, conta la somma di tutti i ricavi.
  • Aliquota fiscale: 15% di imposta sostitutiva fissa (5% per le nuove attività per i primi 5 anni, poi 15%). Nessuna aliquota IRPEF progressiva né addizionali su questi redditi.
  • Esenzione IVA: non si addebita IVA ai clienti (operazioni fuori campo IVA art.1 c.54-89 L.190/2014) e non si può detrarre l’IVA sugli acquisti. In fattura si applica una marca da bollo da 2 € se l’importo supera €77,47.
  • Contributi previdenziali: restano dovuti alle gestioni INPS di competenza (artigiani, commercianti o Gestione Separata) separatamente dall’imposta. I forfettari possono richiedere lo sconto del 35% sui contributi fissi INPS artigiani/commercianti[6], oltre a beneficiare di alcune nuove agevolazioni (vedi più avanti).
  • Semplificazioni contabili: niente registri IVA, niente esterometro, spesometro, ecc. Rimane l’obbligo della fatturazione elettronica per tutti dal 1° gennaio 2024[7] e di conservare i documenti rilevanti. I forfettari devono indicare in fattura la dicitura di esclusione IVA e monitorare il proprio fatturato per non superare i limiti.

Possono aderire al forfettario le persone fisiche residenti in Italia che esercitano un’attività d’impresa, arte o professione in forma individuale. Sono esclusi invece i soggetti non residenti (salvo residenti UE/SEE con almeno il 75% dei redditi prodotti in Italia)[8] e chi controlla società di persone o associazioni professionali. Vediamo in dettaglio le principali cause di esclusione o incompatibilità:

  • Partecipazioni societarie: non può usare il forfettario chi, al momento, detiene quote di società di persone, imprese familiari o associazioni tra professionisti[9]. Sono inoltre esclusi i soci di SRL che controllano la società (oltre 50% di partecipazione) e la società svolge attività riconducibile a quella individuale del socio[10].
  • Spese per dipendenti: non bisogna aver sostenuto oltre 20.000 € lordi di spese per personale dipendente o collaboratori nell’anno precedente[11]. Superata questa soglia, si è esclusi dal regime agevolato.
  • Ex regime minimi o speciali: non può aderire chi utilizza altri regimi fiscali agevolati incompatibili, ad esempio regimi IVA speciali (agricoltura, editoria, agenzie viaggio, vendite porta a porta, ecc.). Allo stesso modo, non è ammesso il forfettario per chi esercita in via esclusiva attività particolari come cessione di fabbricati, terreni edificabili o veicoli nuovi.
  • Rapporti con datori di lavoro: è escluso dal forfettario chi fattura in prevalenza al proprio datore di lavoro attuale o a ex datori di lavoro degli ultimi 2 anni (o soggetti a loro riconducibili). Questo per evitare false partite IVA che mascherano di fatto rapporti di lavoro dipendente. Una deroga è stata introdotta per i neo-professionisti dopo praticantato obbligatorio: in tal caso è consentito fatturare all’ex studio presso cui si è svolta la pratica.

Attenzione: La Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) ha innalzato eccezionalmente a 35.000 € la soglia di reddito da lavoro dipendente o pensione compatibile con il forfettario [1].

Ciò significa che un contribuente può mantenere/aprire la partita IVA agevolata nel 2025 anche se nel 2024 ha percepito fino a 35 mila euro lordi da lavoro dipendente o pensione (anziché 30 mila). Dal 2026, salvo proroghe normative, questa soglia tornerà a 30.000 € [2]. Inoltre, se il rapporto di lavoro dipendente è cessato entro l’anno precedente, il limite non si applica (purché nello stesso anno non si siano avuti altri redditi di lavoro dipendente/pensione) [1].
Attenzione: il superamento del limite di ricavi comporta l’uscita dal regime. Se si oltrepassano gli 85.000 € ma si rimane entro i 100.000 €, si potrà concludere l’anno in forfettario e dal 1° gennaio successivo si passerà alla tassazione ordinaria [6].
Invece, se i ricavi superano la soglia di 100.000 €, la decadenza è immediata: bisognerà applicare l’IVA e le regole del regime ordinario già sulle fatture emesse oltre tale limite nello stesso anno [6].
In pratica, si perde retroattivamente il beneficio dal trimestre in cui si eccede, con obbligo di versare IVA e imposte ordinarie sulla parte eccedente.

Differenze tra regime forfettario e regime ordinario

Il regime forfettario si differenzia nettamente dal regime ordinario (contabilità semplificata o ordinaria) in termini di tassazione e adempimenti. Ecco un confronto sintetico:

Caratteristica Regime Forfettario 2025 Regime Ordinario (semplificato)
Limite di fatturato 85.000 € (uscita se >85k) Nessun limite (obbligo contabilità ordinaria oltre 700k/500k€ a seconda dell’attività)
Tassazione 15% imposta sostitutiva fissa (5% startup) senza scaglioni IRPEF IRPEF progressiva per scaglioni (23% fino 28.000€, 35% fino 50.000€, 43% oltre) + addizionali regionali/comunali
IVA in fattura Non applicata (fatture senza IVA e senza detrazione IVA acquisti) IVA applicata su vendite/compensi (aliquote 4%-10%-22%) con liquidazioni periodiche e diritto alla detrazione IVA sugli acquisti
Deduzione dei costi Forfettaria in base al coefficiente di redditività (niente deduzione analitica dei costi reali) Analitica: tutti i costi documentati inerenti all’attività sono deducibili dal reddito (materie prime, spese, ammortamenti, ecc.)
Contributi previdenziali Invariati (INPS artigiani/commercianti o Gestione Separata). Sconto 35% contributi per forfettari art./comm. su richiesta Invariati (medesimi importi INPS dovuti). *Nessuna riduzione specifica* per il regime ordinario.
Contabilità e adempimenti Semplificati: niente registri IVA, esterometro, Lipe; obbligo fattura elettronica e conservazione fatture. Dichiarazione dei redditi con Quadro LM. Contabilità ordinaria o semplificata: registri IVA vendite/acquisti, registri contabili, esterometro, ecc. Dichiarazione redditi con quadro RF o RG (ditte) e invio LIPE trimestrali, dichiarazione IVA annuale, ISA studi di settore.

In sintesi, il forfettario conviene in genere a chi ha ricavi non elevati e costi bassi, perché beneficia di una tassazione agevolata (15% secca) rispetto alle aliquote IRPEF ordinarie che salirebbero col reddito. Inoltre, l’assenza di IVA semplifica la gestione e si evita di versare l’imposta sul valore aggiunto. Di contro, chi ha molti costi e margini ridotti potrebbe trovare meno conveniente il forfettario, poiché non può dedurre tutte le spese sostenute (se non attraverso il coefficiente forfettario) e non recupera l’IVA sugli acquisti. Va valutato caso per caso: spesso per professionisti e freelance con poche spese il forfettario è vantaggioso, mentre per attività commerciali con elevati costi di magazzino o artigiani con tante attrezzature da ammortizzare potrebbe risultare più conveniente il regime ordinario (che consente di portare in deduzione quei costi). In ogni caso, superati i 85.000 € di fatturato, non c’è scelta: bisogna applicare il regime ordinario dall’anno successivo.

Codici ATECO 2025: scelta dell’attività e coefficienti di redditività

Il codice ATECO identifica il tipo di attività economica esercitata e va indicato all’apertura della partita IVA. La scelta del codice è fondamentale perché determina anche il coefficiente di redditività per il regime forfettario, cioè la percentuale di reddito imponibile su cui si calcolano le imposte. Ad esempio, i professionisti (consulenti, avvocati, ingegneri, ecc.) hanno un coefficiente del 78%, quindi il 22% dei ricavi è considerato forfettariamente come costo deducibile. Molte attività di servizi e artigianato rientrano in un coefficiente standard del 67% (il 33% di costi forfettari). Attività commerciali e di vendita hanno coefficienti più bassi – tipicamente il 40% – proprio perché si presume abbiano costi molto alti (acquisto merci, logistica). Di seguito alcuni esempi di codici ATECO comuni con i rispettivi coefficienti di redditività:

  • Consulente gestionale – codice ATECO 70.22.09 (consulenza aziendale): coefficiente 78% (quindi su 10.000 € di compensi, 7.800 € sono tassati).
  • Sviluppatore software freelance – codice ATECO 62.01.00: coefficiente 67% (il 33% dei ricavi è “costo figurativo”).
  • Commerciante al dettaglio – codice ATECO 47.19.10 (negozio di alimentari generale): coefficiente 40% (si tassa solo il 40% del fatturato, data l’alta incidenza dei costi merce).
  • Artigiano edile – codice ATECO 43.39.01 (lavori di completamento costruzioni): coefficiente 86% (solo un 14% di costi forfettari riconosciuti, margine imponibile alto).
  • Servizi alla persona – codice ATECO 96.02.02 (parrucchiere ed estetista): coefficiente 67% (costi stimati al 33%).

A partire dal 2025 è entrata in vigore una nuova classificazione ATECO 2025 delle attività economiche, che aggiorna i codici rispetto al precedente standard 2007/2022. La revisione ha introdotto nuovi codici per attività emergenti (ad esempio è stato finalmente inserito un codice ad hoc per gli influencer e content creator) e modifiche in alcuni settori (commercio, turismo, cultura). L’adozione operativa dei nuovi codici è scattata dal 1° aprile 2025. Cosa comporta ciò per i forfettari? In pratica, chi apre partita IVA nel 2025 dovrà usare i codici ATECO nuovi, mentre chi era già in attività potrebbe vedere il proprio codice riclassificato. Dal punto di vista fiscale però, i coefficienti di redditività restano per ora gli stessi: è previsto un periodo transitorio in attesa che il legislatore aggiorni la tabella dei coefficienti allegata alla L.190/2014. Dunque, a parità di attività, il coefficiente non cambia immediatamente con il nuovo codice (si farà una corrispondenza con il vecchio). In ogni caso, è buona norma verificare con il commercialista il proprio codice ATECO 2025 e se vi sono variazioni che possano influire sul calcolo del reddito imponibile.

Consiglio pratico: Scegli con cura il codice ATECO al momento dell’apertura: deve descrivere al meglio la tua attività. Puoi indicarne più di uno (attività secondarie) se prevedi di operare in settori diversi, ma ricorda che ai fini del forfettario conta il codice prevalente per il coefficiente. In caso di dubbio, consulta l’elenco ufficiale ISTAT o affidati a un professionista. Inoltre, se operi in settori legati all’edilizia o ristrutturazioni, informati anche sui bonus fiscali in vigore (es. Bonus Ristrutturazioni 50% e Bonus Mobili 2025) che possono rappresentare opportunità per la tua attività e valore aggiunto per i clienti.

Costi di apertura e gestione della Partita IVA forfettaria

Uno dei vantaggi della partita IVA in Italia è che l’apertura in sé è gratuita: basta presentare all’Agenzia delle Entrate il modello AA9/12 di inizio attività (telematicamente o presso gli sportelli) e in pochi giorni si ottiene il numero di partita IVA. Tuttavia, a seconda della natura dell’attività, ci sono alcuni costi iniziali e adempimenti burocratici da considerare:

  • Iscrizione INPS: Dopo aver aperto la posizione fiscale, occorre iscriversi alla gestione previdenziale competente. Un professionista senza albo (es. consulente informatico) si iscriverà alla Gestione Separata INPS, mentre una ditta individuale commerciale o artigiana si iscriverà alla Gestione Commercianti o Artigiani. L’iscrizione comporta il pagamento dei contributi, ma non costi amministrativi immediati.
  • Registro Imprese (Camera di Commercio): Se l’attività ha natura imprenditoriale (es. commercio, manifattura, costruzioni, servizi artigianali), è obbligatoria l’iscrizione al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio. L’iscrizione avviene tramite la Comunicazione Unica (comunica) e ha costi contenuti: si paga un diritto camerale annuale (circa 50-100 € a seconda dei casi) e una tassa di concessione governativa se dovuta. Ad esempio, imprese individuali artigiane versano ~€50 di diritto annuo camerale, quelle commerciali ~€100.
  • PEC e firma digitale: Tutte le imprese e professionisti devono dotarsi di un indirizzo PEC (posta elettronica certificata) da comunicare in fase di apertura. La PEC ha un costo annuale modesto (da 5 € a 50 € l’anno a seconda del provider). Anche la firma digitale può essere utile per inviare pratiche telematiche (costo ~€30 in token o smart card), specie per chi si iscrive al Registro Imprese.
  • Albi professionali: Se si esercita una professione regolamentata (medico, avvocato, ingegnere, commercialista ecc.), oltre alla partita IVA serve l’iscrizione all’ordine/collegio professionale relativo. Questo comporta il pagamento di quote annuali all’albo (che possono variare da poche centinaia di euro a oltre 1000 € l’anno per alcuni ordini). Non è un costo legato al fisco, ma va considerato nel budget se pertinente.
  • Scia e altri adempimenti: Alcune attività richiedono autorizzazioni o comunicazioni specifiche. Ad esempio, per aprire un negozio serve presentare la SCIA al Comune; per attività sanitarie servono autorizzazioni ASL, ecc. Queste pratiche possono avere costi amministrativi (diritti di segreteria, bolli) e richiedere l’ausilio di un professionista.

Dopo la fase di avvio, la partita IVA presenta costi di gestione ricorrenti da tenere a mente, anche in regime forfettario:

  • Contributi INPS: rappresentano spesso la voce di costo principale. In regime forfettario gli artigiani e commercianti pagano contributi fissi sul minimale di reddito (~€18.000) più una quota percentuale sul reddito eccedente. Nel 2025 l’aliquota è il 24% (riducibile al 15,6% sfruttando lo sconto 35%). Ciò significa che se il tuo reddito forfettario è sotto ~18k, pagherai comunque circa €4.000 l’anno di contributi fissi (importo minimo); oltre tale soglia, si aggiunge circa il 15-24% sulla parte eccedente. I freelance in Gestione Separata, invece, non hanno contributi minimi: versano circa il 26% del reddito imponibile (aliquota 26,07% nel 2025). Ad esempio con 20.000 € di reddito imponibile pagherebbero ~€5.200 di contributi. Nota: per i forfettari non esistono riduzioni sulla Gestione Separata, ma l’intero importo dei contributi versati è deducibile dal reddito ai fini fiscali, riducendo la base imponibile.
  • Compenso del commercialista: Pur essendo il forfettario molto semplificato, è consigliabile affidarsi a un commercialista o consulente fiscale per la gestione della partita IVA (tenuta della contabilità semplificata, invio F24, dichiarazione dei redditi e adempimenti). I costi variano a seconda del professionista e della zona, ma tipicamente per un forfettario senza dipendenti si va da circa 300 € a 800 € annui. Alcuni preferiscono utilizzare servizi online più economici, ma è importante avere un supporto qualificato per evitare sanzioni o errori.
  • Software di fatturazione elettronica: Dal 2024 tutti i forfettari devono emettere fattura elettronica tramite Sistema di Interscambio. L’Agenzia delle Entrate mette a disposizione un servizio gratuito, ma molti professionisti optano per piattaforme private (per facilità d’uso, gestione clienti, ecc.). Questi servizi costano in media 30-100 € l’anno a seconda delle funzionalità. È un costo relativamente basso, spesso compensato dal risparmio di tempo nella gestione delle fatture.
  • Conto corrente business: Non c’è obbligo di avere un conto corrente dedicato all’attività, ma è fortemente consigliato separare le finanze personali da quelle professionali. Molti istituti offrono conti per freelance e ditte individuali a canone zero o basso. Ad esempio, puoi confrontare soluzioni nella nostra guida ai conti correnti con carta di credito per trovare l’opzione più adatta. Un conto dedicato aiuta nella contabilità e in caso di controlli fiscali. Il costo? Ci sono conti online gratuiti, mentre altri con servizi avanzati costano ~€100/anno.
  • POS e pagamenti elettronici: Ormai vige l’obbligo per tutti i professionisti e commercianti di accettare pagamenti elettronici (bancomat, carte) senza oneri aggiuntivi per il cliente. Dotarsi di un dispositivo POS o di un sistema di pagamento digitale ha un costo (acquisto o comodato d’uso del terminale) e comporta commissioni sulle transazioni (di solito 1-2% a carico dell’esercente). Esistono soluzioni economiche, come POS mobile collegati allo smartphone. L’importante è adeguarsi alla normativa per evitare sanzioni (dal 2022 sono previste multe in caso di rifiuto di pagamenti con carta). Puoi approfondire il tema nell’articolo Pagamenti elettronici: il boom in Italia. Stimando i costi: un piccolo POS mobile può costare ~€20-30 una tantum, più commissioni; un POS bancario tradizionale può avere canone mensile di ~€15-20.
  • Altri costi e tasse: Fortunatamente il regime forfettario semplifica anche il panorama fiscale: non si pagano le imposte IRPEF tradizionali né le relative addizionali regionali/comunali sul reddito forfettario, ma solo la già citata imposta sostitutiva (15% o 5%). Rimangono però da considerare eventuali tasse locali se dovute (es. tassa rifiuti per un negozio, occupazione suolo pubblico se hai un’attività su strada, ecc.). Inoltre, non dimenticare l’acquisto delle marche da bollo da 2 € da apporre sulle fatture esenti IVA sopra 77,47 €: sono piccole cifre, ma ad esempio con 50 fatture annue aggiungono 100 € di costo (che puoi eventualmente addebitare al cliente in fattura). Infine, qualunque reddito da forfettario concorre al calcolo dell’ISEE familiare e può far perdere l’esenzione ticket sanitari o altre agevolazioni legate al reddito, un aspetto indiretto da valutare.

Consiglio pratico: Valuta di aderire al regime contributivo agevolato se sei un artigiano/commerciante forfettario. Come accennato, puoi chiedere all’INPS una riduzione del 35% sui contributi fissi e percentuali [2]
, presentando apposita domanda telematica (nel “Cassetto previdenziale” entro il 28 febbraio di ogni anno) [2].
Questo può farti risparmiare migliaia di euro di contributi ogni anno. Tieni però presente che versare meno contributi significa anche avere una pensione futura leggermente più bassa e che l’agevolazione non copre il contributo per maternità (circa 7 € annui) [2].
In alternativa, dal 2025 è disponibile per i nuovi iscritti un esonero del 50% sui contributi minimi per 3 anni (misura introdotta dalla L. 207/2024) [2]
: confronta le opzioni e scegli quella più conveniente per te.

Esempi pratici: quanto si paga di tasse nel forfettario 2025

Per capire il carico fiscale effettivo di una partita IVA forfettaria, facciamo alcune simulazioni numeriche di calcolo di imposte e contributi. Considereremo sia il caso di un freelance con reddito medio, sia di un artigiano, evidenziando l’incidenza di imposte e contributi:

Esempio pratico 1: Marta è una consulente freelance in regime forfettario, con 25.000 € di fatturato annuo. Supponiamo che il suo codice Ateco abbia coefficiente di redditività 78% (tipico delle attività professionali). Il reddito imponibile sarà quindi di 19.500 € (cioè il 78% di 25.000). Essendo la sua non una nuova attività (aliquota 15%), dovrà versare un’imposta sostitutiva di 2.925 € (cioè il 15% di 19.500) allo Stato. Oltre a ciò, Marta paga i contributi alla Gestione Separata INPS al 26,07%. Su 19.500 € di imponibile, i contributi ammontano a circa 5.085 €. In totale, quindi, Marta “paga” ~8.010 € tra tasse e contributi sul suo fatturato di 25.000 € (circa il 32%). Da notare che se Marta avesse i requisiti per l’aliquota start-up 5%, la sua imposta scenderebbe a soli 975 €, riducendo il totale versato a circa 6.060 € (circa il 24% del fatturato). Inoltre, i 5.085 € di contributi sono deducibili: il suo imponibile fiscale effettivo si riduce infatti a 14.415 €, su cui paga la suddetta imposta sostitutiva.

Esempio pratico 2: Luca è un giovane elettricista artigiano che ha aperto la partita IVA nel 2025 aderendo al forfettario. Nel suo primo anno fattura 30.000 € (servizi di installazione impianti, coefficiente di redditività 67%). Il reddito imponibile risulta 20.100 €. Essendo una nuova attività, Luca beneficia dell’imposta al 5%: pagherà solo 1.005 € di imposta sostitutiva. Sul fronte contributi, essendo iscritto alla Gestione Artigiani, deve versare i contributi fissi sul minimale (circa 4.200 € annui, coprono i primi ~18.000 € di reddito) più una quota sul reddito eccedente. Avendo 20.100 € di imponibile, la parte eccedente il minimale è circa 2.100 €; l’aliquota artigiani è 24% (riducibile a 15,6% con esonero 35%). Ipotizzando che Luca abbia richiesto la riduzione, i contributi sulla quota eccedente sono ~327 €, che sommati al fisso diventano circa 4.527 € annuali. In totale Luca verserà ~5.532 € nell’anno (imposte + contributi). L’incidenza sul fatturato è circa il 18%. Da notare che senza la riduzione del 35%, i contributi sarebbero ~6.300 € e il totale versato salirebbe a ~7.305 € (oltre il 24% del fatturato). Anche per Luca i contributi versati riducono l’imponibile fiscale: di fatto pagherà il 5% solo su (20.100 – 4.527) = 15.573 €, mantenendo bassissimo il carico tributario.

Questi esempi mostrano come il regime forfettario, unendo flat tax e gestione previdenziale agevolata, possa risultare molto conveniente in termini di imposte per i piccoli imprenditori. La percentuale di tassazione complessiva (tax rate) tende ad aumentare al crescere del fatturato, soprattutto perché i contributi INPS – specie per commercianti/artigiani – hanno una componente fissa significativa. È sempre consigliabile simulare il proprio caso con l’aiuto di un esperto o utilizzando i numerosi tool online disponibili (ad esempio calcolatori per forfettario) per stimare quante tasse e contributi si andrebbero a pagare in base al fatturato previsto.

Novità 2025: cosa cambia con la Legge di Bilancio e altre misure

Il 2025 porta con sé alcune novità normative per le partite IVA, in gran parte introdotte con la Legge di Bilancio 2025 (Legge 30 dicembre 2024 n. 207) e provvedimenti collegati. Abbiamo già menzionato l’innalzamento a 35.000 € della soglia di reddito da lavoro dipendente per accedere/mantenere il forfettario, misura valida solo per il 2025. Un’altra novità rilevante riguarda i contributi INPS per i nuovi forfettari: la Manovra 2025 ha previsto che chi si iscrive per la prima volta nel 2025 alla gestione artigiani o commercianti INPS ottenga un esonero del 50% sui contributi fissi obbligatori per i primi 3 anni di attività. Questa agevolazione è alternativa (non cumulabile) alla riduzione del 35% classica: in pratica il neo-imprenditore potrà scegliere se pagare metà dei contributi fissi per tre anni (e poi tornare all’aliquota piena) oppure pagare il 65% a tempo indeterminato finché resta forfettario. La convenienza dipende dal tipo di attività e reddito previsto (sono allo studio semplificazioni per estendere qualche sgravio anche ai professionisti in Gestione Separata).

Da segnalare, inoltre, che non è stata confermata per il 2024 la cosiddetta Flat Tax “incrementale” introdotta in via sperimentale nel 2023. Si trattava di un’agevolazione fiscale al 15% sugli incrementi di reddito per le persone fisiche in regime ordinario (escluse quindi le partite IVA forfettarie) rispetto ai redditi dichiarati nel triennio precedente, fino a un massimo di 40.000 € di base agevolabile. Questa misura non ha avuto i risultati sperati ed è stata abolita dal 2024: pertanto, chi nel 2025 dovesse fuoriuscire dal forfettario (o non potesse accedervi) tornerà a pagare l’IRPEF secondo gli scaglioni ordinari, senza più imposte piatte sugli aumenti di reddito. Al suo posto il Governo sta valutando una riforma più organica delle aliquote IRPEF, ma ciò riguarda la tassazione ordinaria e non il regime forfettario.

Infine, ricordiamo due adempimenti che negli ultimi anni hanno subito modifiche e che nel 2025 sono diventati parte integrante della vita della partita IVA:

  • Fatturazione elettronica obbligatoria: come già evidenziato, dal 1° gennaio 2024 tutte le partite IVA (forfettari compresi) devono emettere fatture in formato elettronico tramite SDI, a prescindere dal volume d’affari. In precedenza (nel 2022-2023) l’obbligo escludeva i forfettari con ricavi sotto 25.000 €. Ora l’esonero non esiste più: anche il più piccolo dei freelance deve dotarsi di un mezzo per emettere e inviare e-fatture.
  • Versamenti imposte e contributi: sono confermate le consuete scadenze. I forfettari versano l’imposta sostitutiva una volta l’anno in sede di dichiarazione dei redditi (giugno dell’anno successivo, con saldo e primo acconto, e novembre secondo acconto). I contributi INPS si versano tramite F24 alle scadenze previste (per artigiani/commercianti in quattro rate trimestrali i contributi fissi, più eventuale quota a saldo e acconto a giugno e novembre; per la Gestione Separata in due rate insieme all’imposta). Non ci sono particolari proroghe nel 2025 su questi termini, se non quelle eventualmente stabilite per tutti i contribuenti (ad esempio slittamenti se cadono di sabato/festivi).

Nel complesso, il 2025 si presenta come un anno di continuità per il regime forfettario, con qualche limatura normativa volta a ampliarne l’accessibilità (come la deroga temporanea per i dipendenti fino 35k) e a incentivare le nuove iniziative (sgravio contributivo 50%). È sempre importante tenersi aggiornati tramite fonti ufficiali – ad esempio le circolari dell’Agenzia delle Entrate, le note del MEF o dell’INPS – per cogliere eventuali ulteriori novità nel corso dell’anno.

❓ FAQ sul regime forfettario 2025

  • Chi può aderire al regime forfettario nel 2025?
    Possono aderire le persone fisiche (ditte individuali o lavoratori autonomi) che nel 2024 hanno avuto ricavi/compensi fino a 85.000 €. Bisogna essere residenti in Italia (o UE/SEE con redditi prodotti in Italia) e non rientrare in cause di esclusione come partecipazioni in società di persone, controllo di SRL con stessa attività, spese per dipendenti oltre 20.000 €, attività in regimi IVA speciali, ecc. Inoltre, per il solo 2025 è consentito l’accesso anche a chi nel 2024 ha avuto redditi di lavoro dipendente/pensione fino a 35.000 € (invece dei soliti 30.000).
  • Qual è il limite di fatturato e cosa succede se lo supero?
    Il limite di ricavi/compensi è 85.000 € annui. Se superi tale soglia ma rimani entro 100.000 €, per l’anno in corso resti forfettario e pagherai la imposta sostitutiva sui ricavi conseguiti, però dall’anno seguente dovrai passare al regime ordinario. Se invece superi 100.000 €, perdi il regime forfettario immediatamente: dovrai applicare l’IVA sulle fatture emesse dopo il superamento e il reddito eccedente sarà tassato a IRPEF progressiva (in pratica vieni considerato fuori dal regime già nell’anno in corso). Potrai eventualmente rientrare nel forfettario dopo aver rispettato di nuovo i requisiti per almeno un anno (di solito è richiesto attendere due anni dal rientro nei limiti).
  • Chi ha diritto all’aliquota del 5% nel forfettario?
    L’aliquota di favore al 5% (invece del 15%) si applica per i primi 5 anni di attività alle nuove iniziative produttive. In particolare, ne ha diritto chi non ha esercitato, nei tre anni precedenti l’apertura della partita IVA, un’attività d’impresa o professionale analoga a quella attuale. Inoltre, se si prosegue un’attività che era svolta in precedenza da un altro soggetto (per esempio rilevando uno studio o un negozio), il beneficio del 5% non spetta. Bisogna anche comunicare nella dichiarazione dei redditi di avere i requisiti per il 5%. In pratica, il 5% è pensato per startup e nuovi professionisti “alla prima esperienza” e dura cinque anni (oppure fino all’anno di superamento del limite di ricavi, se precedente).
  • Come funzionano i contributi INPS nel regime forfettario?
    Il regime forfettario non esonera dal pagamento dei contributi previdenziali, che dipendono dal tipo di attività. Gli artigiani e commercianti pagano contributi fissi IVS di circa 3.800-4.000 € annui (importo che copre un reddito imponibile fino a ~18.000 €) più una percentuale del 24% sulla quota di reddito eccedente. I forfettari possono però richiedere all’INPS uno sconto del 35% su questi contributi, riducendo l’aliquota effettiva al 15,6% (resta invariato solo il contributo di maternità). I professionisti senza cassa invece versano alla Gestione Separata INPS il 26,23% circa del reddito (aliquota 2025), senza contributi minimi – dunque se guadagni poco paghi poco – ma senza possibilità di riduzioni. Tutti i contributi obbligatori pagati sono deducibili dal reddito imponibile prima di calcolare la tassa sostitutiva, abbattendo la base imponibile.
  • Posso aprire la partita IVA forfettaria se sono già lavoratore dipendente?
    Sì, è possibile aprire una partita IVA ed essere forfettario anche avendo un lavoro dipendente, a patto che il reddito lordo da lavoro dipendente (o pensione) dell’anno precedente non superi una certa soglia. Tale limite era 30.000 € annui, ma per l’anno 2025 è stato eccezionalmente elevato a 35.000 €. Quindi, ad esempio, se nel 2024 hai percepito 32.000 € di stipendio da lavoro dipendente, puoi avviare un’attività extra in forfettario nel 2025. Se invece il tuo reddito da lavoro supera 35.000 € (nel 2024), non potrai adottare o mantenere il forfettario nel 2025 a meno che il rapporto di lavoro sia cessato prima della fine dell’anno. In ogni caso resta la regola che l’attività in partita IVA non deve essere semplicemente una continuazione del tuo lavoro dipendente presso lo stesso datore: il forfettario è precluso se fatturi in prevalenza al tuo datore di lavoro attuale o a quello dei due anni precedenti (salvo eccezioni per praticanti).

Collegamenti utili

Fonti

  1. Novità Regime Forfettario 2025: innalzato il limite di reddito – Arletti Partners (arlettipartners.com) ↩︎
  2. Regime Forfettario 2026: quale sarà la soglia per gli altri redditi – FISCOeTASSE.com (www.fiscoetasse.com) ↩︎
  3. Regime forfettario: l’impatto dei nuovi codici ATECO 2025 (www.informazionefiscale.it) ↩︎
  4. Contributi INPS e forfettari: le novità 2025 | Regime Forfettario (www.regime-forfettario.it) ↩︎
  5. Fattura elettronica Forfettari: obbligo per tutti dal 1° gennaio 2024 (ediltecnico.it) ↩︎
  6. Regime forfettario 2025: requisiti e limiti | Fatture in Cloud (www.fattureincloud.it) ↩︎
  7. La Flat Tax Incrementale non è stata confermata – Flextax.it (flextax.it) ↩︎
  8. ATECO 2025: la nuova classificazione delle attività economiche (www.confcommercio.it) ↩︎
  9. Classificazione delle attività economiche – Ateco 2025 (www.to.camcom.it) ↩︎
  10. Diritto camerale 2025: la proroga del DL fiscale, per chi (www.fiscoetasse.com) ↩︎
  11. Forfettari e riduzioni contributive 2025 – FISCOeTASSE.com (www.fiscoetasse.com) ↩︎

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