Decreto Sostegni: stop ai codici ATECO
I codici ATECO sono stati per mesi sulla bocca di tutti. Questo perché i vari decreti volti a fermare le attività produttive in caso di lock down, o a risarcire quelle che avevano subito perdite erano basati su questo codice. Oggi, con il nuovo decreto sostegni ormai approvato, questa cosa è destinata a cambiare radicalmente. Niente più codici ATECO, le distinzioni per quanto riguarda i risarcimenti si basano esclusivamente sul fatturato.
Cosa sono i codici ATECO
Il codice ATECO rappresenta una suddivisione numerica utilizzata dall’ISTAT per differenziare tra di loro le varie attività produttive ed economiche presenti nel nostro Paese. A ogni specifico codice ATECO corrisponde una precisa attività imprenditoriale o aziendale. Il codice ATECO viene attribuito a un’impresa nel momento della sua apertura, quando si richiede la cosiddetta partita IVA. Stiamo parlando di una precisa classificazione. Suddivide che suddivide le imprese secondo il particolare comparto produttivo di cui fanno parte, l’attività che svolgono e così via.
Alcuni soggetti e imprese potrebbero svolgere attività che coinvolgono differenti codici ATECO; quando si deve valutare un elemento per cui la discriminante è il codice ATECO solitamente si considera l’attività svolta per la maggior parte del tempo o del fatturato.
Il codice è costituito da vari caratteri alfanumerici, che permettono di inserire un’impresa all’interno di sezioni, divisioni, gruppi, classi, categorie e sottocategorie.
Un esperto di codici ATECO attraverso una visura alla Camera di Commercio comprende se un’impresa è un’azienda agricola o una scuola di ballo.
Come funzionava fino a “ieri”
Nel precedente decreto Rilancio, che riguardava i cosiddetti ristori, il Governo faceva preciso riferimento ai codici ATECO. Ad esempio per quanto riguarda tutti i contributi a fondo perduto elargiti nel corso del 2020, essi erano disponibili solo per le imprese che operavano all’interno di precise categorie, evidenziate dal codice ATECO attribuito alla singola partita IVA. I decreti stessi contenevano degli elenchi con tutti i codici ATECO ammessi ai ristori. Nel corso dei mesi questi elenchi sono stati ampliati o ridotti, a seconda dei casi e della situazione del momento.
Purtroppo questa metodologia ha creato una serie di problematiche, in quanto i codici sono numerosissimi e non è sempre facile evidenziare tutte le attività coinvolte in una crisi momentanea. Soprattutto per quanto riguarda questioni quali il lock down o una pandemia, che non si erano mai verificate in precedenza.
Più volte è stato necessario effettuare dei correttivi. Anche se come principio considerare i codici ATECO poteva essere un’idea brillante. Ad esempio questa suddivisione ha permesso di offrire maggiori ristori ad attività che per mesi sono rimaste completamente chiuse, come ad esempio gli alberghi o le stazioni sciistiche.
Come funziona oggi
Cancellata la discriminante che si basava sui codici ATECO, oggi il sostegno economico è garantito esclusivamente alle attività imprenditoriali che hanno subito un danno al fatturato. Rientrano così nella possibilità di ottenere un sostegno economico, prima chiamato ristoro, anche i professionisti e i lavoratori autonomi, molti dei quali erano stati estromessi da questa misura, proprio a causa delle distinzioni basate sui codici ATECO.
Può richiedere il sostegno quindi qualsiasi titolare di partita IVA che ha subito un calo del fatturato superiore al 30% mensile, calcolato sul fatturato medio del 2019.
In particolare il sussidio elargito ammonterà a una specifica percentuale di quanto non incassato nel corso del 2020 e del 2021, calcolata considerando il fatturato massimo ottenuto nel 2019.
Le fasce del contributo sono così suddivise, esso quindi ammonterà:
- al 20% della perdita subita nel caso di imprese con fatturato tra i 5 e i 10 milioni di euro.
- fino al 30% della perdita per fatturati che vanno da 1 milione fino a 5 milioni di euro.
- 40% per il fatturato dai 400.000 al milione di euro.
- il 50% della perdita per i fatturati tra 100.000 e 400.000 euro.
- al 60% dei mancati introiti per fatturati inferiori ai 100.000 euro.
Il contributo elargito non può superare il tetto di 150.000 euro; allo stesso tempo alle persone fisiche sarà versato un contributo minimo di 1.000 euro, che sale a 2.000 euro per le persone giuridiche.
Chi può richiedere il sostegno e come
Secondo ciò che dichiara il decreto legge, possono richiedere il sostegno gli “esercenti attività d’impresa, arte e professione e di reddito agrario”, oltre agli enti non commerciali, gli enti del terzo settore e quelli religiosi, per quanto riguarda l’eventuale attività commerciale. Vi è però la clausola che riguarda le perdite, che devono ammontare al meno al 30% rispetto al fatturato medio del 2019. Per coloro che hanno avviato la propria attività nel gennaio 2019 non è necessario che vi sia stata una perdita di fatturato del 30% per ottenere il sostegno economico. In questi casi il calcolo delle perdite va fatto mese per mese e non sulla media annuale.
Se l’attività economica risulta completamente cessata prima del 23 marzo 2020, non sono previsti indennizzi di alcun genere.
Chi pensa di poter ottenere i contributi previsti dal decreto sostegni deve presentare apposita richiesta. A tale scopo sono disponibili apposite pagine sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Infatti è attiva esclusivamente la richiesta telematica, non è quindi possibile recarsi di persona presso un ufficio dell’Agenzia territoriale. Volendo però il professionista o il titolare di partita IVA può chiedere aiuto al commercialista, o ai CAF, come avviene per varie altre scadenze e richieste di tipo fiscale.
A quanto ammonta il contributo
Sia per quanto riguarda la richiesta dei sostegni, che per il calcolo dell’ammontare degli stessi, è l’imprenditore ad agire da attore principale. La pagina del sito dell’Agenzia delle Entrate a cui richiedere il contributo deve essere compilata anche con i dati che riguardano le perdite rispetto al fatturato del 2019. Ovviamente l’Agenzia ha pubblicato anche specifiche guide, che aiutano il contribuente passo per passo, evitando così inutili e costosi errori.
Effettivamente il calcolo è presto fatto, sostanzialmente si considera il fatturato del 2019 e quello del 2020; se la differenza è superiore al 30% la si divide per i 12 mesi dell’anno. La cifra così ottenuta si moltiplica per il coefficiente sopra indicato, che dipende dalla fascia di fatturato in cui rientra l’attività imprenditoriale. La cifra risultante si otterrà nel corso del mese di aprile 2021.
Un caso particolare è rappresentato da chi ha aperto la partita IVA dal 1° gennaio 2020 in poi; per costoro è previsto un sostegno pari alla cifra minima prevista: 1.000 euro per le persone fisiche, 2.000 euro per le persone giuridiche.
Si consiglia di compilare la richiesta in modo corretto, perché in caso di errore che porti a una non ottenibilità del sostegno, non è possibile presentare ulteriore domanda.